Regola non Bollata



Questa è la prima Regola che il beato Francesco compose,  e il signor papa Innocenzo gli confermò senza bolla.

Prologo


Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo!

Questa è la vita del Vangelo di Gesù Cristo, che frate Francesco chiese che dal signor papa Innocenzo gli fosse concessa e confermata. Ed egli la concesse e la confermò per lui e per i suoi frati presenti e futuri.
Frate Francesco e chiunque sarà a capo di questa Religione, prometta obbedienza e reverenza al signor papa Innocenzo e ai suoi successori.
E tutti gli altri frati siano tenuti ad obbedire a frate Francesco e ai suoi successori.
 

Capitolo I

che i frati vivano in obbedienza, in castità e senza nulla di proprio


La regola e vita dei frati è questa, cioè vivere in obbedienza, in castità e senza nulla di proprio, e seguire la dottrina e l'esempio del Signore nostro Gesù Cristo, il quale dice: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi tutto quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e poi vieni e seguimi», e: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»; e ancora: «Se qualcuno vuole venire a me e non odia il padre, la madre, la moglie e i figli, i fratelli e le sorelle e anche la sua vita stessa non può essere mio discepolo». E: «Chiunque avrà lasciato il padre o la madre, i fratelli o le sorelle, la moglie o i figli, le case o i campi per amore mio, riceverà il centuplo e possederà la vita eterna».

 Capitolo II

dell'accettazione e delle vesti dei frati


Se qualcuno, per divina ispirazione, volendo scegliere questa vita, verrà dai nostri frati, sia da essi benignamente accolto.
E se sarà deciso nell'accettare la nostra vita, si guardino bene i frati dall'intromettersi nei suoi affari temporali, ma, quanto prima possono, lo presentino al loro ministro.
Il ministro poi lo riceva con bontà e lo conforti e diligentemente gli esponga il tenore della nostra vita. Dopo di che, il predetto, se vuole e lo può spiritualmente, senza impedimento, venda tutte le cose sue e procuri di distribuire tutto ai poveri.
Si guardino i frati e il ministro dei frati dall'intromettersi in alcun modo nei suoi affari, né accettino denaro né direttamente né per interposta persona. Se tuttavia fossero nel bisogno, possono i frati ricevere le altre cose necessarie al corpo, ma non denaro, come gli altri poveri, per ragione della necessità.
E quando sarà ritornato, il ministro gli conceda i panni della prova, per un anno, e cioè due tonache senza cappuccio e il cingolo e i calzoni e il capperone fino al cingolo. Finito l'anno e il periodo della prova, sia ricevuto all'obbedienza. Dopo di che non potrà passare ad altra Religione, né andar vagando fuori dell'obbedienza, secondo la prescrizione del signor Papa, e secondo il Vangelo, poiché nessuno che mette mano all'aratro e guarda indietro è adatto al regno di Dio.
Se però venisse qualcuno che non può dar via le cose sue senza impedimento, pur desiderandolo spiritualmente, le abbandoni, e ciò è sufficiente.
Nessuno sia ricevuto contro le norme e le prescrizioni della santa Chiesa.
Gli altri frati poi che hanno promesso obbedienza, abbiano una sola tonaca con il cappuccio e un'al­tra senza cappuccio, se sarà necessario, e il cingolo e i calzoni.
E tutti i frati portino vesti umili e sia loro concesso di rattopparle con stoffa di sacco e di altre pezze con la benedizione di Dio, poiché dice il Signore nel Vangelo: «Quelli che indossano abiti preziosi e vivono in mezzo alle delizie e quelli che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re». E anche se sono tacciati da ipocriti, tuttavia non cessino di fare il bene; né cerchino vesti preziose in questo mondo perché possano avere una veste nel regno dei cieli.

Capitolo III

del divino ufficio e del digiuno


Dice il Signore: «Questa specie di demoni non si può scacciare se non con la preghiera e col digiuno». E ancora: «Quando digiunate non prendete un'aria melanconica come gli ipocriti».
Perciò tutti i frati, sia chierici sia laici, recitino il divino ufficio, le lodi e le orazioni come sono tenuti a fare.
I chierici recitino l'ufficio e lo dicano per i vivi e per i defunti, secondo la consuetudine dei chierici. Per i difetti e le negligenze dei frati dicano, ogni giorno, il Miserere mei, Deus con il Pater noster.
Per i frati defunti dicano il De profundis con il Pater noster.
E possano avere soltanto i libri necessari per adempiere al loro ufficio. Anche ai laici che sanno leggere il salterio, sia concesso di averlo; agli altri, invece, che non sanno leggere, non sia concesso di avere alcun libro.
I laici dicano il Credo in Dio e ventiquattro Pater noster con il Gloria al Padre per il mattutino, cinque per le lodi, per l'ora di prima il Credo in Dio e sette Pater noster, con il Gloria al Padre; per terza, sesta e nona, per ciascuna di esse, sette Pater noster; per il vespro dodici, per compieta il Credo in Dio e sette Pater noster con il Gloria al Padre; per i defunti sette Pater noster con il Requiem aeternam; e per le mancanze e le negligenze dei frati tre Pater noster ogni giorno.
E similmente, tutti i frati digiunino dalla festa di Tutti i Santi fino al Natale e dalla Epifania, quando il Signore nostro Gesù Cristo incominciò a digiunare, fino alla Pasqua. Negli altri tempi poi, eccetto il venerdì, non siano tenuti a digiunare secondo questa norma di vita. E secondo il Vangelo, sia loro lecito mangiare di tutti i cibi che vengono loro presentati.



Capitolo IV

dei rapporti tra i ministri e gli altri frati


Nel nome del Signore! Tutti i frati, che sono costituiti ministri e servi degli altri frati, distribuiscano nelle province e nei luoghi in cui saranno, i loro frati e spesso li visitino e spiritualmente li esortino e li confortino. E tutti gli altri miei frati benedetti diligentemente obbediscano loro in quelle cose che riguardano la salute dell'anima e non sono contrarie alla nostra vita. E si comportino tra loro come dice il Signore: «Tutto quanto desiderate che gli uomini facciano a voi, fatelo voi pure a loro» e ancora: «Ciò che tu non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri».
E si ricordino i ministri e servi che il Signore dice: «Non sono venuto per essere servito, ma per servire»; e che a loro è stata affidata la cura delle anime dei frati, perciò se qualcuno di essi si perdesse per loro colpa e cattivo esempio, nel giorno del giudizio dovranno rendere ragione davanti al Signore [nostro] Gesù Cristo.

Capitolo V

della correzione dei frati nelle loro mancanze


Custodite, perciò, le vostre anime e quelle dei vostri fratelli, perché è terribile cadere nelle mani del Dio vivente. Se poi qualcuno dei ministri comandasse a un frate, qualcosa contro la nostra vita o contro la sua anima, il frate non sia tenuto ad obbedirgli, poiché non è obbedienza quella in cui si commette delitto o peccato.
Tuttavia, tutti i frati che sono sottoposti ai ministri e servi, considerino con ponderazione e diligenza le azioni dei loro ministri e servi. E se vedranno che qualcuno di essi vive secondo la carne e non secondo lo spirito, quale è richiesto dalla rettitudine della nostra vita, dopo la terza ammonizione, se non si sarà emendato, lo notifichino al ministro e servo di tutta la Fraternità nel Capitolo di Pentecoste, senza che nulla lo impedisca.
Se poi tra i frati, ovunque siano, ci fosse qualche frate che volesse camminare secondo la carne e non secondo lo spirito, i frati, con i quali si trova, lo ammoniscano, lo istruiscano e lo correggano con umiltà e diligenza. Che se, dopo la terza ammonizione, quegli non avrà voluto emendarsi, Io mandino oppure ne riferiscano al ministro e servo, e il ministro e servo lo tratti come gli sembrerà meglio secondo Iddio.
E si guardino tutti i frati, sia i ministri e servi sia gli altri, dal turbarsi e dall'adirarsi per il peccato o il male di un altro, perché il diavolo per la colpa di uno vuole corrompere molti, ma spiritualmente, come meglio possono, aiutino chi ha peccato, perché non quelli che stanno bene hanno bisogno del medico, ma gli ammalati.
Similmente, tutti i frati non abbiano in questo alcun potere o dominio, soprattutto fra di loro. Come dice infatti il Signore nel Vangelo: «I principi delle nazioni le signoreggiano, e i grandi esercitano il potere su di esse; non cosi sarà tra i frati; e chi tra loro vorrà essere maggiore, sia il loro ministro e servo; e chi tra di essi è maggiore, si faccia come il minore».
Nessun frate faccia del male o dica del male a un altro anzi per carità di spirito volentieri si servano e si obbediscano vicendevolmente.
E questa è la vera e santa obbedienza del Signore nostro Gesù Cristo.
E tutti i frati, ogni volta che si allontaneranno dai comandamenti del Signore e andranno vagando fuori dell'obbedienza, come dice il profeta, sappiano che essi sono maledetti fuori dall'obbedienza, fino a quando rimarranno consapevolmente in tale peccato.
Se invece avranno perseverato nei comandamenti del Signore, che hanno promesso di osservare seguendo il santo Vangelo e la loro forma di vita, sappiano che sono nella vera obbedienza, e siano benedetti dal Signore.
 

Capitolo VI

del ricorso dei frati al loro ministri e che nessun frate sia chiamato priore


I frati, in qualunque luogo sono, se non possono osservare la nostra vita, quanto prima possono, ricorrano al loro ministro e glielo manifestino. Il ministro poi procuri di provvedere ad essi, così come egli stesso vorrebbe si facesse per lui, se si trovasse in un caso simile.
E nessuno sia chiamato priore, ma tutti siano chiamati semplicemente frati minori. E l'uno lavi i piedi all'altro.
 

Capitolo VII

del modo di servire e di lavorare


Tutti i frati, in qualunque luogo si trovino presso altri per servire o per lavorare, non facciano né gli amministratori né i cancellieri, né presiedano nelle case in cui prestano servizio; né accettino alcun ufficio che generi scandalo o che porti danno alla loro anima; ma siano minori e sottomessi a tutti coloro che sono in quella stessa casa.
E i frati che sanno lavorare, Iavorino ed esercitino quel mestiere che già conoscono, se non sarà contrario alla salute dell'anima e può essere esercitato onestamente.
Infatti dice il profeta: «Mangerai il frutto del tuo lavoro; beato sei e t'andrà bene»; e l'Apostolo: «Chi non vuol lavorare, non mangi»; e: «Ciascuno rimanga in quel mestiere e in quella professione cui fu chiamato». E per il lavoro prestato possano ricevere tutto il necessario, eccetto il denaro.
E quando sarà necessario, vadano per l'elemosina come gli altri poveri.
E possano avere gli arnesi e gli strumenti adatti ai loro mestieri.
Tutti i frati cerchino di applicarsi alle opere buone; poiché sta scritto: Fa' sempre qualche cosa di buono affinché il diavolo ti trovi occupato, e ancora: L'ozio è il nemico dell'anima. Perciò i servi di Dio devono sempre dedicarsi alla preghiera o a qualche opera buona.
Si guardino i frati, ovunque saranno, negli eremi o in altri luoghi, di non appropriarsi di alcun luogo e di non contenderlo ad alcuno.
E chiunque verrà da essi, amico o nemico, ladro o brigante, sia ricevuto con bontà. E ovunque sono i frati e in qualunque luogo si incontreranno, debbano rivedersi volentieri e con gioia di spirito e onorarsi scambievolmente senza mormorazione.
E si guardino i frati dal mostrarsi tristi all'esterno e oscuri in faccia come gli ipocriti , ma si mostrino lieti nel Signore e giocondi e garbatamente amabili.
 

Capitolo VIII

Che i frati non ricevano denaro


Il Signore comanda nel Vangelo: «Attenzione, guardatevi da ogni malizia e avarizia»; e: «Guardatevi dalle preoccupazioni di questo mondo e dalle cure di questa vita». Perciò, nessun frate, ovunque sia e dovunque vada, in nessun modo prenda con sé o riceva da altri o permetta che sia ricevuta pecunia o denaro, né col pretesto di acquistare vesti o libri, né per compenso di alcun lavoro, insomma per nessuna ragione, se non per una manifesta necessità dei frati infermi; poiché non dobbiamo avere né attribuire alla pecunia e al denaro maggiore utilità che ai sassi.
E il diavolo vuole accecare quelli che li desiderano e li stimano più dei sassi. Badiamo, dunque, noi che abbiamo lasciato tutto, di non perdere, per sì poca cosa, il regno dei cieli.
E se troveremo in qualche luogo del denaro, non curiamocene, come della polvere che si calpesta, poiché è vanità delle vanità e tutto è vanità.
E se per caso, Dio non voglia, capitasse che un fra­te raccogliesse o avesse della pecunia o del denaro, eccettuato soltanto per la predetta necessità relativa agli infermi, tutti noi frati riteniamolo un falso frate e apostata e un ladro e un brigante, e un ricettatore di borse, a meno che non se ne penta sinceramente.
E in nessun modo i frati accettino né permettano di accettare, né cerchino, né facciano cercare pecunia per elemosina, né soldi per qualche casa o luogo, né si accompagnino con persona che vada in cerca di pecunia o di denaro per tali luoghi. Altri servizi invece, che non sono contrari alla nostra forma di vita, i frati li possono fare nei luoghi con la benedizione di Dio.
Tuttavia, i frati, per una evidente necessità dei lebbrosi, possono chiedere l'elemosina per essi.
Si guardino però molto dalla pecunia. Similmente, tutti i frati si guardino di non andare in giro per alcun turpe guadagno.



Capitolo IX

del chiedere l'elemosina


Tutti i frati si impegnino a seguire l'umiltà e la povertà del Signore nostro Gesù Cristo, e si ricordino che nient'altro ci è consentito di avere, di tutto il mondo, come dice l'apostolo, se non il cibo e le vesti, e di questi ci dobbiamo accontentare.
E devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra infermi e lebbrosi e tra i mendicanti lungo la strada.
E quando sarà necessario, vadano per l'elemosina.
E non si vergognino, ma si ricordino piuttosto che il Signor nostro Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, onnipotente, rese la sua faccia come pietra durissima, né si vergognò; e fu povero e ospite, e visse di elemosine lui e la beata Vergine e i suoi discepoli E quando gli uomini facessero loro vergogna e non volessero dare loro l'elemosina, ne ringrazino Iddio, poiché per tali umiliazioni riceveranno grande onore presso il tribunale del Signore nostro Gesù Cristo.
E sappiano che l'umiliazione è imputata non a coloro che la ricevono ma a coloro che la fanno.
E l'elemosina è l'eredità e la giustizia dovuta ai poveri; l'ha acquistata per noi il Signor nostro Gesù Cristo. E i frati che lavorano per acquistarla avranno grande ricompensa e la fanno guadagnare e acquistare a quelli che la donano; poiché tutte le cose che gli uomini lasceranno nel mondo, periranno, ma della carità e delle elemosine che hanno fatto riceveranno il premio dal Signore.
E con fiducia l'uno manifesti all'altro la propria necessità, perché l'altro gli trovi le cose necessarie e gliele dia. E ciascuno ami e nutra il suo fratello, come la madre ama e nutre il proprio figlio, in tutte quelle cose in cui Dio gli darà grazia. E colui che non mangia non giudichi colui che mangia.
E ogniqualvolta sopravvenga la necessità, sia consentito a tutti i frati, ovunque si trovino, di prendere tutti i cibi che gli uomini possono mangiare, così come il Signore dice di David, il quale mangiò i pani dell'offerta che non era permesso mangiare se non ai sacerdoti. E ricordino ciò che dice il Signore: «Badate a voi che non vi capiti che i vostri cuori siano aggravati dalla crapula e dall'ubriachezza e dalle preoccupazioni di questa vita e che quel giorno piombi su di voi all'improvviso, poiché cadrà come un laccio su tutti coloro che abitano sulla faccia della terra». Similmente, ancora, in tempo di manifesta necessità tutti i frati provvedano per le cose loro necessarie cosi come il Signore darà loro la grazia, poiché la necessità non ha legge.
 

Capitolo X

dei frati infermi


Se un frate cadrà ammalato, ovunque si trovi, gli altri frati non lo lascino senza avere prima incaricato un frate, o più se sarà necessario, che lo servano come vorrebbero essere serviti essi stessi; però in caso di estrema necessità, lo possono affidare a qualche persona che debba assisterlo nella sua infermità.
E prego il frate infermo di rendere grazie di tutto al Creatore; e che quale lo vuole il Signore, tale desideri di essere, sano o malato, poiché tutti coloro che Dio ha preordinato alla vita eterna, li educa con i richiami stimolanti dei flagelli e delle infermità e con lo spirito di compunzione, così come dice il Signore: «lo quelli che amo, li correggo e li castigo».
Se invece si turberà e si adirerà contro Dio e contro i frati, ovvero chiederà con insistenza medicine, desiderando troppo di liberare la carne che presto dovrà morire, e che è nemica dell'anima, questo gli viene dal maligno ed egli è uomo carnale, e non sembra essere un frate, poiché ama più il corpo che l'anima.
 

Capitolo XI

che i frati non facciano ingiuria né detrazione, ma si amino scambievolmente


E tutti i frati si guardino dal calunniare alcuno, e evitino le dispute di parole, anzi cerchino di conservare il silenzio, se Dio darà loro questa grazia. E non litighino tra loro, né con gli altri, ma procurino di rispondere con umiltà, dicendo: Sono servo inutile.
E non si adirino, perché chiunque si adira col suo fratello, sarà condannato al giudizio; chi avrà detto al suo fratello «raca», sarà condannato nel Sinedrio; chi gli avrà detto «pazzo», sarà condannato al fuoco della Geenna. E si amino scambievolmente, come dice il Signore: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate scambievolmente come io ho amato voi». E mostrino con le opere l'amore che hanno fra di loro, come dice l'apostolo: «Non amiamo a parola né con la lingua, ma con le opere e in verità». E non oltraggino nessuno; non mormorino, non calunnino gli altri, poiché è scritto: «i sussurroni e i detrattori sono in odio a Dio». E siano modesti, mostrando ogni mansuetudine verso tutti gli uomini. Non giudichino, non condannino; e come dice il Signore, non guardino ai più piccoli peccati degli altri, ma pensino piuttosto ai loro nell'amarezza della loro anima.
E si sforzino di entrare per la porta stretta, poiché dice il Signore: «Angusta è la porta e stretta la via che conduce alla vita; e sono pochi quelli che la trovano».
 

Capitolo XII

degli sguardi impuri e della compagnia delle donne


Tutti i frati, ovunque siano o vadano, evitino gli sguardi impuri e la compagnia delle donne. E nessuno si trattenga in consigli né cammini solo per la strada né mangi alla mensa in unico piatto con esse.
I sacerdoti parlino con loro onestamente quando amministrano la penitenza o per qualche consiglio spirituale.
E nessuna donna in maniera assoluta sia ricevuta all'obbedienza da alcun frate, ma una volta datole il consiglio spirituale, essa faccia vita di penitenza dove vorrà.  E tutti dobbiamo vigilare molto su noi stessi e dobbiamo mantenere le nostre membra pure, poiché dice il Signore: «Chiunque avrà guardato una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei, nel suo cuore». E l'apostolo: «Non sapete che le vostre membra sono tempio dello Spirito Santo?; perciò, se uno violerà il tempio di Dio, Dio distruggerà lui».
 

Capitolo XIII

dell'evitare la fornicazione


Se un frate, per istigazione del diavolo, dovesse fornicare, sia spogliato dell'abito, che per il turpe peccato ha perduto il diritto di portare, e lo deponga del tuttto, e sia espulso totalmente dalla nostra Religione. E dopo faccia penitenza dei peccati.
 


Capitolo XIV

come i frati devono andare per il mondo


Quando i frati vanno per il mondo, non portino niente per il viaggio, né sacco, né bisaccia, né pane, né pecunia, né bastone. E in qualunque casa entreranno dicano prima: Pace a questa casa. E dimorando in quella casa mangino e bevano quello che ci sarà presso di loro. Non resistano al malvagio; ma se uno li percuote su una guancia, gli offrano l'altra. E se uno toglie loro il mantello, non gli impediscano di prendere anche la tunica. Diano a chiunque chiede; e a chi toglie il loro, non lo richiedano.
 


Capitolo XV

che i frati non posseggano bestie, ne vadano a cavallo


Ordino a tutti i miei frati sia chierici che laici, che vanno per il mondo o dimorano nei luoghi, di non avere né presso di sé, né presso altri, né in nessun altro modo, alcuna bestia.
E non sia loro lecito andare a cavallo se non vi siano costretti da infermità o da grande necessità.
 


Capitolo XVI

di coloro che vanno tra i saraceni e gli altri infedeli


Dice il Signore: «Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi. Siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe».
Perciò qualsiasi frate che vorrà andare tra i Saraceni e altri infedeli, vada con il permesso del suo ministro e servo.
Il ministro poi dia loro il permesso e non li ostacoli se vedrà che sono idonei ad essere mandati; infatti dovrà rendere ragione al Signore, se in queste come in altre cose avrà proceduto senza discrezione.
I frati poi che vanno fra gli infedeli, possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio a e confessino di essere cristiani.
L'altro modo è che quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose, e nel Figlio Redentore e Salvatore, e siano battezzati, e si facciano cristiani, poiché, se uno non sarà rinato per acqua e Spirito Santo non può entrare nel regno di Dio.
Queste ed altre cose che piaceranno al Signore, possono dire ad essi e ad altri; poiché dice il Signore nel Vangelo: «Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli»; e: «Chiunque si vergognerà di me e delle mie parole, il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando tornerà nella gloria sua e del Padre e degli angeli».
E tutti i frati, ovunque sono, si ricordino che si sono donati e hanno abbandonato i loro corpi al Signore nostro Gesù Cristo. E per il suo amore devono esporsi ai nemici sia visibili che invisibili, poiché dice il Signore: «Colui che perderà l'anima sua per causa mia la salverà per la vita eterna».
«Beati quelli che sono perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi». E: «Se poi vi perseguitano in una città fuggite in un'altra. Beati sarete, quando gli uomini vi odieranno e vi malediranno e vi perseguiteranno e vi bandiranno e vi insulteranno e il vostro nome sarà proscritto come infame e falsamente diranno di voi ogni male per causa mia; rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. E io dico a voi, miei amici: non lasciatevi spaventare da loro e non temete coloro che uccidono il corpo e dopo di ciò non possono far niente di più .

Guardatevi di non turbarvi. Con la vostra pazienza infatti salverete le vostre anime . E chi persevererà sino alla fine, questi sarà salvo».
 

Capitolo XVII

dei predicatori


Nessun frate predichi contro la forma e le prescrizioni della santa Chiesa e senza il permesso del suo ministro. E il ministro si guardi dal concederlo senza discernimento. Tutti i frati, tuttavia, predichino con le opere. E nessun ministro o predicatore consideri sua proprietà il ministero dei frati o l'ufficio della predicazione, ma in qualunque ora gli fosse ordinato, lasci, senza alcuna contestazione, il suo incarico.
Per cui scongiuro, nella carità che è Dio, tutti i miei frati occupati nella predicazione, nell'orazione, nel lavoro, sia chierici che laici, che cerchino di umiliarsi in tutte le cose, di non gloriarsi, né godere tra sé, né esaltarsi dentro di sé delle buone parole e delle opere anzi di nessun bene che Dio dice, o fa o opera talora in loro e per mezzo di loro, secondo quello che dice il Si­gnore: «Non rallegratevi però in questo, perché vi stanno soggetti gli spiriti».
E siamo fermamente convinti che non appartengono a noi se non i vizi e i peccati. E dobbiamo anzi godere quando siamo esposti a diverse prove, e quando sosteniamo qualsiasi angustia o afflizione di anima o di corpo in questo mondo in vista della vita eterna. Quindi tutti noi frati guardiamoci da ogni superbia e vana gloria; e difendiamoci dalla sapienza di questo mondo e dalla prudenza della carne . Lo spirito della carne, infatti, vuole e si preoccupa molto di possedere parole, ma poco di attuarle, e cerca non la religiosità e la santità interiore dello spirito, ma vuole e desidera avere una religiosità e una santità che appaia al di fuori agli uomini.
È di questi che il Signore dice: "In verità vi dico, hanno ricevuto la loro ricompensa". Lo spirito del Signore invece vuole che la carne sia mortificata e disprezzata, vile e abbietta, e ricerca l'umiltà e la pazienza e la pura e semplice e vera pace dello spirito; e sempre desidera soprattutto il divino timore e la divina sapienza e il divino amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
E restituiamo al Signore Dio altissimo e sommo tutti i beni e riconosciamo che tutti i beni sono suoi e di tutti rendiamogli grazie, perché procedono tutti da Lui. E lo stesso altissimo e sommo, solo vero Dio abbia, e gli siano resi ed Egli stesso riceva tutti gli onori e la reverenza, tutte le lodi e tutte le benedizioni, ogni rendimento di grazia e ogni gloria, poiché suo è ogni bene ed Egli solo è buono.

E quando vediamo o sentiamo maledire o fare del male o bestemmiare Dio, noi benediciamo e facciamo del bene e lodiamo il Signore che è benedetto nei secoli. Amen.
 


Capitolo XVIII

come i ministri devono radunarsi insieme


Ciascun ministro possa riunirsi con i suoi frati, ogni anno, ovunque piaccia a loro, nella festa di san Michele arcangelo, per trattare delle cose che riguardano Dio. Ma tutti i ministri, quelli che sono nelle regioni d'oltremare e oltr'alpe una volta ogni tre anni, e gli altri una volta all'anno, vengano al Capitolo generale nella festa di Pentecoste, presso la chiesa di Santa Maria della Porziuncola a meno che dal ministro e servo di tutta la fraternità non sia stato ordinato diversamente.
 

Capitolo XIX

che i frati vivano cattolicamente


Tutti i frati siano cattolici, vivano e parlino cattolicamente. Se qualcuno poi a parole o a fatti si allontanerà dalla fede e dalla vita cattolica e non se ne sarà emendato, sia espulso totalmente dalla nostra fraternità.
E riteniamo tutti i chierici e tutti i religiosi per padroni in quelle cose che riguardano la salvezza del­l'anima e che non deviano dalla nostra religione, e veneriamone l'ordine sacro, l'ufficio e il ministero nel Signore.
 

Capitolo XX

                  della penitenza e della comunione del corpo e del sangue del                         signore nostro Gesu' Cristo


I frati miei benedetti, sia chierici che laici, confessino i loro peccati ai sacerdoti della nostra Religione. E se non potranno, si confessino ad altri sacerdoti prudenti e cattolici, fermamente convinti e consapevoli che da qualsiasi sacerdote cattolico riceveranno la penitenza e l'assoluzione, saranno senza dubbio assolti da quei peccati, se procureranno di osservare umilmente e fedelmente la penitenza loro imposta.
Se invece in quel momento non potranno avere un sacerdote, si confessino a un loro fratello come dice l'apostolo Giacomo: «Confessate l’uno all’altro i vostri peccati». Tuttavia per questo, non tralascino di ricor­rere ai sacerdoti poiché solo ai sacerdoti è concessa la potestà di legare e di sciogliere.
E così contriti e confessati ricevano il corpo e il sangue del Signor nostro Gesù Cristo, con grande umiltà e venerazione, ricordando le parole del Signore. «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna», e ancora: «Fate questo in memoria di me».
 

Capitolo XXI

della esortazione e della lode che possono fare tutti i frati


questa o simile esortazione e lode tutti i miei frati, quando a loro piacerà, possono annunciare ad ogni categoria di uomini, con la benedizione di Dio:


Temete e onorate, lodate e benedite,
ringraziate e adorate
il Signore Dio onnipotente
nella Trinità e nell'Unità,
Padre e Figlio e Spirito Santo,
creatore di tutte le cose.
Fate penitenza,
fate frutti degni di penitenza,
perché presto moriremo.
Date e vi sarà dato,
Perdonate e vi sarà perdonato;
E se non perdonerete agli uomini le loro offese,
il Signore non vi perdonerà i vostri peccati.
Confessate tutti i vostri peccati.
Beati coloro che muoiono nella penitenza,
poiché saranno nel regno dei cieli.
Guai a quelli che non muoiono nella penitenza,
poiché saranno figli del diavolo
di cui compiono le opere,
e andranno nel fuoco eterno,
Guardatevi e astenetevi da ogni male
e perseverate nel bene fino alla fine.


 

Capitolo XXII

Ammonizione al frati


O frati tutti, riflettiamo attentamente che il Signore dice: «Amate i vostri nemici e fate del bene a quelli che vi odiano», poiché il Signore nostro Gesù Cristo, di cui dobbiamo seguire le orme, chiamò amico il suo traditore e si offrì spontaneamente ai suoi crocifissori. Sono, dunque, nostri amici tutti coloro che ingiustamente ci infliggono tribolazioni e angustie, ignominie e ingiurie, dolori e sofferenze, martirio e morte, e li dobbiamo amare molto poiché, a motivo di ciò che essi ci infliggono, abbiamo la vita eterna.
E dobbiamo avere in odio il nostro corpo con i suoi vizi e peccati, poiché quando noi viviamo secondo la carne, il diavolo vuole toglierci l'amore del [Signore nostro] Gesù Cristo e la vita eterna e vuole perdere se stesso con tutti nell'inferno; poiché noi per colpa nostra siamo ignobili, miserevoli e contrari al bene, pronti invece e volonterosi al male, perché, come dice il Signore nel Vangelo: «Dal cuore procedono ed escono i cattivi pensieri, gli adulteri, le fornicazioni, gli omicidi, i furti, la cupidigia, la cattiveria, la frode, la impudicizia, l'invidia, le false testimonianze, la bestemmia, [la superbia], la stoltezza, Tutte queste cose cattive procedono dal di dentro del cuore dell'uomo, e sono queste cose che contaminano l'uomo».
Ora invece, da che abbiamo abbandonato il mondo, non abbiamo da fare altro che seguire la volontà del Signore e piacere unicamente a Lui.
Guardiamoci bene dall'essere la terra lungo la strada, o la terra sassosa, o quella invasa dalle spine secondo quanto dice il Signore nel Vangelo: «Il seme è la parola di Dio. Quello che cadde lungo la strada e fu calpestato sono coloro che ascoltano la parola di Dio. e non la comprendono; e subito viene il diavolo e porta via quello che è stato seminato nei loro cuori, perché non credano e siano salvati. Quello poi che cadde nei luoghi sassosi, sono coloro che appena ascoltano la parola, subito la ricevono con gioia; ma quando sopraggiunge una tribolazione o una persecuzione a causa della parola, ne restano immediatamente scandalizzati; anche questi non hanno radice in sé, sono incostanti, perché credono per un certo tempo, ma nell'ora della tentazione vengono meno. Quello che cadde tra le spine, sono coloro che ascoltano la parola, ma le cure di questo mondo e la seduzione delle ricchezze e gli altri affetti disordinati entrano nel loro animo e soffocano la parola, sicché rimangono infruttuosi. Infine il seme affidato alla terra buona, sono coloro che, ascoltando la parola con buone, anzi ottime disposizioni, la intendono e la custodiscono e portano frutti con la perseveranza».
E perciò noi frati, così come dice il Signore, «lasciamo che i morti seppelliscano i loro morti».
E guardiamoci bene dalla malizia e dall'astuzia di Satana, il quale vuole che l'uomo non abbia la sua mente e il cuore rivolti a Dio; e, circuendo il cuore dell'uomo con il pretesto di una ricompensa o di un aiuto, mira a togliere e a soffocare la parola e i precetti del Signore dalla memoria, e vuole accecare il cuore dell'uomo, attraverso gli affari e le preoccupazioni di questo mondo, e abitarvi, così come dice il Signore: «Quando lo spirito immondo è uscito da un uomo va per luoghi aridi e senz'acqua in cerca di riposo e non la trova; e allora dice: Tornerò nella mia casa da cui sono uscito. E quando vi arriva, la trova vuota, spazzata e adorna. Allora egli se ne va e prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, poi entrano e vi prendono dimora, sicché l'ultima condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima.
Perciò, tutti noi frati, stiamo bene in guardia, perché, sotto pretesto di ricompensa, di opera da fare e di un aiuto, non ci avvenga di perdere o di distogliere la nostra mente e il cuore dal Signore.
Ma, nella santa carità, che è Dio, prego tutti i frati, sia i ministri che gli altri, che, allontanato ogni impedimento e messa da parte ogni preoccupazione e ogni affanno, in qualunque modo meglio possono, si impegnino a servire, amare, adorare e onorare il Signore Iddio, con cuore puro e con mente pura, ciò che egli stesso domanda sopra tutte le cose.
E sempre costruiamo in noi una casa e una dimora permanente a Lui, che è il Signore Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, e che dice: «Vigilate dunque e pregate in ogni tempo, affinché possiate sfuggire tutti i mali che accadranno e stare davanti al Figlio dell'uomo. E quando vi mettete a pregare, dite: Padre nostro che sei nei cieli. E adoriamolo con cuore puro, poiché bisogna sempre pregare senza stancarsi mai; infatti il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e bisogna che quelli che lo adorano, lo adorino in spirito e verità». E a lui ricorriamo come al pastore e al vescovo delle anime nostre, il quale dice: «lo sono il buon Pastore, che pascolo le mie pecore e do la mia vita per le mie pecore». «Voi siete tutti fratelli. Non vogliate chiamare nessuno padre vostro sulla terra, perché uno solo è il vostro Padre, quello che è nei cieli. Né fatevi chiamare maestri, perché uno solo è il vostro maestro, che è nei cieli, [Cristo]». «Se rimarrete in me e rimarranno in voi le mie parole, doman­derete quel che vorrete e vi sarà fatto. Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, ci sono io in mezzo a loro. Ecco, io sono con voi fino alla fine dei secoli. Le parole che vi ho detto sono spirito e vita . lo sono la via, la verità e la vita».
Manteniamoci dunque fedeli alle parole, alla vita, alla dottrina e al santo Vangelo di colui che si è degnato pregare per noi il Padre suo e manifestarci il nome di lui, dicendo: «Padre, glorifìca il tuo nome» e: «Glorifica il Figlio tuo perché il Figlio tuo glorifichi te». «Padre, ho manifestato il tuo nome agli uomini, che mi hai dato, perché le parole che tu hai dato a me, io le diedi loro; ed essi le han­no accolte e hanno riconosciuto che io sono uscito da te ed hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che mi hai dato, perché sono tuoi, e tutto ciò che è mio è tuo. Padre santo, custodisci nel Nome tuo coloro che mi hai dato, affinché siano una cosa sola come noi. Questo io dico nel mondo, affinché abbiano la gioia in se stessi. Io ho comunicato loro la tua parola, e il mondo li ha odiati perché non sono del mondo, come non sono del mondo io. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che tu li guardi dal male. Rendili gloriosi nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo. E per loro io santifico me stesso, affinché anche loro siano santificali nella verità. Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che crederanno in me, per la loro parola, affinché siano perfetti nell'unità, e il mondo conosca che tu mi hai mandato e li hai amati, come hai amato me. Ed io renderò noto a loro il tuo Nome, affinché l'amore col quale tu hai amato me sia in loro ed io in loro.
Padre, quelli che mi hai dato, voglio che dove io sono siano anch'essi con me, perché contemplino la tua gloria nel tuo regno». Amen.
 


Capitolo XXIII

preghiera e rendimento di grazie


Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo e giusto, Signore Re del cielo e della terra, per te stesso ti rendiamo grazie, perché per la tua santa volontà e per l'unico tuo Figlio con lo Spirito Santo hai creato tutte le cose spirituali e corporali, e noi fatti a tua immagine e somiglianza hai posto in Paradiso. E noi per colpa nostra siamo caduti.
E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, cosi per il santo tuo amore, col quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria, e, per la croce, il sangue e la morte di Lui ci hai voluti redimere dalla schiavitù.
E ti rendiamo grazie, perché lo stesso tuo Figlio ritornerà nella gloria della sua maestà per destinare i reprobi, che non fecero penitenza e non ti conobbero, al fuoco eterno, e per dire a tutti coloro che ti conobbero e ti adorarono e ti servirono nella penitenza: Venite, benedetti dal Padre mio, entrate in possesso del regno, che vi è stato preparato fin dalle origini del mondo.
E poiché tutti noi miseri e peccatori, non siamo degni di nominarti, supplici preghiamo che il Signore nostro Gesù Cristo Figlio tuo diletto, nel quale ti sei compiaciuto, insieme con lo Spirito Santo Paraclito ti renda grazie così come a te e a lui piace, per ogni cosa, Lui che ti basta sempre in tutto e per il quale a noi hai fatto cose tanto grandi. Alleluia.
E per il tuo amore supplichiamo umilmente la gloriosa e beatissima Madre sempre vergine Maria, i beati Michele, Gabriele e Raffaele e tutti i cori degli spi­riti celesti: serafini, cherubini, troni, dominazioni, principati, potestà, virtù, angeli, arcangeli; il beato Giovanni Battista, Giovanni evangelista, Pietro, Paolo, e i beati Patriarchi, i profeti, i santi innocenti, gli apostoli, gli evangelisti, i discepoli, i martiri, i confessori, le vergini, i beati Elia e Enoch e tutti i santi che furono e saranno e sono, affinché, come a te piace, per tutti questi benefici rendano grazie a Te, sommo vero Dio, eterno e vivo, con il Figlio tuo carissimo, il Signore nostro Gesù Cristo e con lo Spirito Santo Paraclito nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia ().
E tutti coloro che vogliono servire al Signore Iddio nella santa Chiesa cattolica e apostolica, e tutti i seguenti ordini: sacerdoti, diaconi, suddiaconi, accoliti, esorcisti, lettori, ostiari, e tutti i chierici, e tutti i religiosi e le religiose, tutti i conversi e i fanciulli, i poveri e i miseri, i re e i principi, i lavoratori e i contadini, i servi e i padroni, tutte le vergini e le continenti e le maritate, i laici, uomini e donne, tutti i bambini, gli adolescenti, i giovani e i vecchi, i sani e gli ammalati, tutti i piccoli e i grandi e tutti i popoli, genti, razze e lingue, tutte le nazioni e tutti gli uomini d'ogni parte della terra, che sono e saranno, noi tutti frati minori, servi inutili, umilmente preghiamo e supplichiamo perché perseveriamo nella vera fede e nella penitenza, poiché nessuno può salvarsi in altro modo.
Tutti amiamo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e la fortezza, con tutta l'intelligenza, con tutte le forze, con tutto lo slancio, tutto l'affetto, tutti i sentimenti più profondi, tutti i desideri e la volontà il Signore Iddio, il quale a tutti noi ha dato e dà tutto il corpo, tutta l'anima e tutta la vita; che ci ha creati, redenti, e ci salverà per sua sola misericordia; Lui che ogni bene fece e fa a noi miserevoli e miseri, putridi e fetidi, ingrati e cattivi.
Nient'altro dunque dobbiamo desiderare, niente altro volere, nient'altro ci piaccia e diletti, se non il Creatore e Redentore e Salvatore nostro, solo vero Dio, il quale è il bene pieno, ogni bene, tutto il bene, vero e sommo bene, che solo è buono, pio, mite, soave e dolce, che solo è santo, giusto, vero, santo e retto, che solo è benigno, innocente, puro, dal quale e per il quale e nel quale è ogni perdono, ogni grazia, ogni gloria di tutti i penitenti e giusti, di tutti i santi che godono insieme nei cieli.
Niente dunque ci ostacoli, niente ci separi, niente si frapponga.
E ovunque, noi tutti, in ogni luogo, in ogni ora e in ogni tempo, ogni giorno e ininterrottamente crediamo veramente e umilmente e teniamo nel cuore e amiamo, onoriamo, adoriamo, serviamo, lodiamo e benediciamo, glorifichiamo ed esaltiamo, magnifichiamo e rendiamo grazie all'altissimo e sommo eterno Dio, Trinità e Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose e Salvatore di tutti coloro che credono e sperano in lui, e amano lui che è senza inizio e senza fine, immutabile, invisibile, inenarrabile, ineffabile incomprensibile. ininvestigabile, benedetto, degno di lode, glorioso, sopraesaltato, sublime, eccelso, soave, amabile, dilettevole e tutto sopra tutte le cose desiderabile nei secoli dei secoli. Amen.
 

Capitolo XXIV

Conclusione


Nel nome del Signore! Prego tutti i frati di imparare la lettera ed il contenuto delle cose che in questa forma di vita sono state scritte a salvezza della nostra anima, e di richiamarle frequentemente alla memoria. E prego Dio affinché egli stesso, che è onnipotente, trino e uno, benedica tutti quanti insegnano, imparano, custodiscono, ritengono a memoria e praticano queste cose, ogni volta che ricordano e fanno quelle cose che in essa sono state scritte per la salvezza della nostra anima. E supplico tutti, baciando loro i piedi, che le amino molto, le custodiscano e le conservino.
E da parte di Dio onnipotente e del signor Papa, e per obbedienza io, frate Francesco, fermamente comando e ordino che nessuno tolga o aggiunga scritto alcuno a quelle cose che sono state scritte in questa vita, e che i frati non abbiano un'altra Regola.
Gloria al Padre, e al Figlio e allo Spirito Santo, come era in principio e ora e sempre e nel secoli dei secoli. 


Amen.

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